La mostra sarà inaugurata dalla scrittrice Rosanna Balistreri. Presente il Direttore del Settimanale di Bagheria, Michele Manna.
Nella mostra “Galleria dell’eros Piero Montana-Nuove acquisizioni” espongono 28 artisti con più di cinquanta opere, di essi già ci siamo occupati relativamente a quelli che hanno le loro opere in esposizione nel salone, mentre nella terza parte di presentazione critica della mostra, avevamo appena iniziato con occuparci delle opere della prima sala. Riprendendo da qui il nostro discorso, iniziamo a parlare di un’opera bellissima del compianto Nino Maggio, grande scultore in legno di quelle che abbiamo definito “Cattedrali alchemiche”. Ma appositamente per la nostra Galleria dell’eros il maestro Maggio ha allestito un singolare collage intitolato “Fuoco”, dove due sessi infuocati, quello femminile e quello maschile sono rappresentati nello stato per l’appunto di incandescenza prima della loro “fusione”, per riprendere un termine metallurgico che ben si addice a quella fornace con la quale viene rappresentato l’organo femminile. E’ da notare come di questa incandescenza dei sessi Maggio immagina e rappresenta anche le faville, che vengono costituite dai peli pubici nel loro rizzarsi.
Il tema della “fusione” è ben rappresentato anche nell’opera grafica “Entrambi” di Giovanni Castiglia, cheraffigura gli amanti presi nel groviglio inestricabile dei loro corpi in amplesso. Questa inestricabilità costituisce la loro prigione, la condizione esistenziale del loro coappartenersi, che li avviluppa senza possibilità di liberazione.
Di tono completamente diverso l’opera di Maria Rita Orlando “Mangiami -Bevimi”, che attraverso l’utilizzo di reperti della civiltà contadina, vuole esprimere quell’invito ad un’intimità carnale, il cui rapporto sessualmente privilegiato è quello orale.
Di Juan Esperanza abbiamo in mostra ben 7 opere, quattro “deliziosissimi” acquerelli su carta sono esposti in questa prima sala e di questi ci occupiamo. Intanto bisogna pur dire che questo artista siculo messicano ha una vera predilezione per l’eros, espressa in tanti dei suoi lavori. Noi ne abbiamo scelto alcuni che ci sembrano quelli migliori ed i più accattivanti.
Ebbene la materia erotica di Esperanza è fatta anche di sogni ed estasi, fondamentalmente di visioni, tanto che il suo erotismo pur in tutta la sua carnalità lo possiamo definire visionario ma anche polimorfo, in cui tutti i sensi sono coinvolti. Assai convincente è infatti la sua opera che noi abbiamo definito “Fiuto anale”, che raffigura due figure accovacciate, come fossero cani, di cui una annusa il culo dell’altra.
Di Nino Rizzo, artista bagherese oggi in forte crisi esistenziale tanto da aver fatto recentemente un totale autodafé dei suoi lavori, sono invece presenti nella nostra Galleria due opere provocatorie, si tratta a riguardo di una cassata siciliana i cui canditi ornamentali hanno una consistenza singolare, rappresentando un coloratissimo fallo con scroto annesso e che richiama per certi aspetti l’opera di Maria R. Orlando “ Mangiami-Bevimi”, e di una copulazione sodomitica finalizzata al solo piacere orgasmatico, che noi abbiamo definito “Estasi”, lo slanciarsi fuori di sé e della materia verso quell’Altrove, il cui indizio sono le ali che si dispiegano in questi copulatori nel momento clou del piacere.
Calogero Barba è invece presente in mostra con un’opera di assoluta pulizia che vuole essere invece di carattere prettamente concettuale. Si tratta di un fallo su fondo bianco costituito da lettere dell’alfabeto, ed essendo l’alfabeto l’origine più che lo strumento principale della nostra lingua, esso allude a quel principio maschile che informa la materia dandole specificamente nome.
Anche Valeria Troja ha realizzato un grande fallo, che più che umano sembra asinino, ed esso risulta legato ad un supporto in tela di uguale fattura. L’opera ha un aspetto totemico, ed il grande fallo in essa rappresentato, può anche venir inteso come un serpente ctonio che si erge alla luce solare. Serpente o fallo asinino che sia l’opera della Troja è di una forza sorprendente e tale forza esprime bene l’energia della virilità tutta protesa allo sguardo dei suoi mistici ammiratori o ignari e semplicemente spettatori.
Avendo completato con le nostre riflessioni le opere in mostra nella prima sala, veniamo ad occuparci di quelle restanti nella seconda ed ultima stanza.
Qui ci imbattiamo subito in uno dei pezzi forti della nostra esposizione “Acchiappacazzintanllaria”, opera di Pino Manzella, che è stata anche l’opera manifesto lo scorso anno dell’inaugurazione della nostra “Galleria dell’Eros”. L’opera, come si sa, è la rappresentazione di tanti uccelli a forma di cazzo che volano in aria, e ai quali si protendono due retini con l’intento di acchiapparli. Ma esternamente all’opera nella sua parte alta e stato costruito un binario in cui si possono far scorrere per aprirle o chiuderle delle tendine. Chiuderle certo per non fare entrare i cazzi in casa, aprirle a rischio di una loro invasione. Ma al di là della nostra ironia, per noi nell’opera suddetta è espressa la brama di quei finocchi e di quelle puttane in calore in cerca e alla cattura di falli in erezione. Questa è la lettura che noi diamo dell’opera non volendola appesantire con elucubrazioni politiche, che le sono state date in passato e che risulterebbero con invalidare un’opera scanzonata e di gioiosa allegria.
Ma veniamo all’opera realizzata da Giovanni Proietto per épater les bourgeois Il “Daprés de Courbet dell’origine del mondo”, che potrebbe sembrare una potente realizzazione ed interpretazione pittorica guttusiana, e che invece è l’opera del nostro artista di Realmomonte. Come il Courbet con la sua censuratissima opera nell’ottocento non intendeva privilegiare l’eros, ma addirittura destituirlo dal suo carattere prettamente conturbante e sensuale, facendo notare, col mettere in primo piano il sesso femminile, l’utilità di esso a fini procreativi e concettualmente esistenziali (“L’origine del mondo” infatti deve intendersi propriamente come la prima grande opera esistenzialista), l’opera di Proietto che noi con molta disinvoltura esponiamo svia infatti la nostra attenzione dall’ambito di una provocazione erotica, che pure ha tanto rilievo in quanto l’opera in questione è di grandi dimensioni, per spostarsi ad una dimensione ludica che ne alleggerisce di molto l’aspetto conturbante-provocatorio. In quest’opera infatti l’artista poggia su una delle cosce divaricate del corpo della donna nuda un piccolo dondolo con la forma non di un cavallo con cui si istruiscono anche, sia pure inconsciamente, fin da piccoli i bambini a “cavalcare”, ma di un centauro donna, per rendere evidente che qui, nella sua opera, il tema della cavalcatura erotica non è precisamente il fine che egli si propone di realizzare. La realizzazione del suo “Daprés de Courbet”, per Proietto consiste in altro e quest’altro è la potenza dell’inesprimibile. Questo inesprimibile può essere suggerito da un dondolo con cui i bambini solo si divertono nella loro innocenza, nella loro assenza di malizia ed attrazione morbosa, sessuale. Quindi anche qui come per il Courbet il sesso non è, non rappresenta la vera intenzione dell’opera e dell’artista. Col sesso o meglio con la sua rappresentazione ci si può giocare anche da adulti e l’opera di Proietto lo dimostra efficacemente, essendo quest’ultima giocata nella libertà della sua figurazione ed impasto pittorico.
A questo punto non possiamo non parlare alle tre opere donate da Accursio Truncali alla nostra Galleria dell’eros e dall’artista denominati Priapo. Comune a tutte tre opere è il soggetto di un eros che è implicito nella materia informe, non pienamente distinta e anzi confusa, da una materia da intendere anche gnosticamente come demoniaca da dove però si oggettiva in forma ben visibile e sviluppata un fallo, che è non solo espressione della virilità ma del maschio alchemico, del principio che vuol dare forma all’informe da cui si origina. Notevole sono a riguardo i risultati artistici in tale opere espressi da Truncali, che con una precisa figurazione esce decisamente fuori dal campo del cosiddetto neoinformale. Per concludere dobbiamo parlare di due opere che ci sono pervenute di recente, una è la scultura in stoffa e materiali di riciclo, che l’artista romana, Alba Montori, amica nostra carissima ha intitolato “Stupro”, vero e proprio manifesto politico di un eros autentico che esclude da sé ogni violenza sessuale, l’altra opera è di Renato Lipari e si chiama “La mano amica”, una mano aperta che sul palmo tiene un pupazzetto itifallico, opera che allude alla masturbazione maschile già sin dal titolo che ricorda il famoso e repressivo detto “giuoco di mano giuoco di villano”. Se la prima di queste due ultime opere è dunque drammatica nella rappresentazione della negazione dell’eros attraverso l’impiego della violenza, l’altra invece è un divertissement dal carattere frivolo e giocoso, in quanto spogliato dai tanti sensi di colpa vissuti nella pratica masturbatoria all’epoca di quando si era ragazzi. Della scultura della Montori dobbiamo però aggiungere ancora qualcosa parlando della sua complessità, richiedendo l’artista per questa sua opera una particolare attenzione tale da consentire a tutti gli spettatori di vederla da diversi lati ma anche dal basso e dall’alto, cosa che per rendere ciò effettuabile abbiamo seguito le sue indicazioni sospendendola ad altezza d’uomo in aria in quanto fissata con un lungo filo al soffitto. La complessità dell’opera è certamente legata alle varie sfaccettature del fenomeno, che si presta anche a delle interpretazioni reazionarie e queste non solo limitatamente al fatto che esso sarebbe provocato dalle donne con il loro abbigliamento succinto e provocante o alla costatazione che mitologicamente, storicamente e socialmente lo stupro è stato sempre esistito, si ricordino tra tutti gli esempi quelli di Pan che deflorava le ninfe nei boschi, al ratto delle sabine da parte dei Romani, alla cosiddetta “fuitina furziva” (non consenziente) addirittura considerata legittima nella nostra isola fino a decenni scorsi.A queste obiezioni l’artista romana ha sempre così risposto: “le mie opere sull’argomento parlano da sole, esse rappresentano uno scombussolamento dei corpi, reazioni certo scomposte alla violenza, che denotano essenzialmente anche il disordine, il caos mentale e non di certo l’armonia che in un rapporto non sadico dovrebbe invece prevalere tra i due o diversi soggetti anche plurimi, essendo io anche una passionaria della rivoluzione sessuale.”
Piero Montana.
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